(Titolo originale: Black Cat, White Cat)
Un film di Emir Kusturica.
Con Bajram Severdzan, Florijian Ajdini, Srdjan Todorovic
Jugoslavia, Francia 1998.
"Non so se lo abbiate mai visto ma mi sono fatta delle sane risate vedendo "Gatto bianco, gatto nero " film diretto dal regista serbo-bosniaco Emil Kusturica. In realtà il film, al solito, era già iniziato ma mi sono resa conto subito che era divertente. Le gag non si contano e l' allegria zingaresca dei personaggi , veri rom, mi ha fatto sbellicare dalle risate anche per via delle buffissime ed autentiche facce degli attori. Mi sembrava di vedere un film stralunato di Federico Fellini, molto più rumoroso, molto meno elegante ma ugualmente intenso. Penso che a Fellini Kusturica sarebbe piaciuto molto. Naturalmente non poteva mancare una storia d' amore fra due giovani dove il ragazzo era stato promesso alla sorella di un ganster in bigodini che tirava di coca con il suo harem ed aveva tre sorelle una più brutta dell'altra. Doveva far sposare una recalcitrante sorella un tantino bassa ( alta un metro ed una lametta dicevano loro) ma di gran carattere. L' ambiente spaziava da una opulenta ed un tantino ( tanto ) kitsch villa del bandito alle case degli zingari, futuri parenti più poveri dove per necessità era stato occultato il cadavere del nonno " morto" apposta il giorno del matrimonio dell'amato nipote per impedire la cerimonia matrimoniale e il nonno stesso viene messo sotto enormi blocchi di ghiaccio in una fatiscente soffitta che permetteva lo sgocciolamento dell'acqua al piano sottostante. Da morir dal ridere."
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" Mettiamola così: un Kusturica minore vale sempre più di molti film “normali” che circolano per i cinema del mondo. Ripetendo un paragone artistico che usammo già da Venezia, vedere Gatto nero gatto bianco dopo l'immenso Underground è come passare dalla Cappella Sistina al tondo Doni: cambiano le dimensioni, ma è sempre Michelangelo. Il confronto tra il sommo Buonarroti e il bosniaco Emir vi sembrerà esagerato, ma sapete com'è: nel cinema, accanto a tanti venditori di saponette, c'è anche qualche artista, e Kusturica è uno di questi. In Gatto nero gatto bianco, suo sesto lungometraggio, Emir ha fuso la tematica del Tempo dei gitani (1989) con l'episodio delle nozze in Underground (1995), e li ha come compressi, girando un'opera molto compatta che per lui, abituato alle sceneggiature aperte e alle riprese senza fine, è a tutti gli effetti un “piccolo film”. Dopo una lunga premessa che serve a definire le tre famiglie su cui si impernia il film, Gatto nero gatto bianco racconta un matrimonio riparatore (ma per motivi economici, non morali...) all'interno della comunità gitana che ancora vivacchia, libera e agitata, nelle terre dell'Europa centrale. (...) Tra nozze mal combinate e morti nascosti in soffitta che si riveleranno ancora vivi, il film va avanti per 2 ore a ritmo frenetico, pieno di musica, di strilli, di trovate scenografiche e di animali che fanno da coro alle umane vicende (strepitoso il maiale che, lungo il film, si mangia a poco a poco un'automobile). Rinunciando del tutto alla narrazione classica, a favore dell'affastellamento di gag e di personaggi, Kusturica si rivela più che mai debitore della letteratura fantastica sudamericana, oltre che delle tradizioni dei natii Balcani: un Marquez trasportato in una Jugoslavia illusoriamente pacificata. Sì, perché sullo sfondo la guerra c'è sempre, se non altro nel vitalismo persino nevrotico con cui i rom tentano di affermare la propria identità, di fronte a un'Europa che non li vuole più."
Alberto Crespi - l'Unità