Si poteva permettere di essere snob. No, non perchè discendesse da nobili lombi, ma perchè gli Agnelli, come ammise la stessa Susanna Agnelli in "Vestivamo alla Marinara", quei lombi ambivano a sposarli: la nobiltà per contagio, snob come "sine nobilitate". L'Avvocato per primo.
In questo caso, non citerei manco i lombi. Al massimo un quarto di manzo, una lombata.
Un tempo, discendenti di cotanti lombi impersonavano i propri antenati nei cortei storici più famosi e accreditati, vedi il marchese Pucci a Firenze.
" Ma Emilio Pucci era un fiorentino sul serio. Amava le tradizioni popolari della città e aveva ben presente che nelle rappresentazioni degli anni del rinascimento fiorentino, i nobili avevano un ruolo predominante. Ha da sempre partecipato al Corteo Storico del Calcio in Costume ricoprendo il ruolo di Maggior General Sergente delle Milizie, percorrendo a cavallo le strade della città e collaborando anche alla cultura ed alla gestione delle manifestazioni".
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Adesso, i discendenti delle canotte traforate di Costantino (no, non l'Imperatore) si arrampicano su pazienti quadrupedi il cui nobile letame i loro (non tanto remoti) avi, un dì, spalavano!
Francesco Monte, ex-tronista, impersona il Conte Ruggero d'Altavilla al Palio dei Normanni
Passa un giorno, passa l’altro
Mai non torna il prode Anselmo,
Perché egli era molto scaltro
Andò in guerra e mise l’elmo…
Mise l’elmo sulla testa
Per non farsi troppo mal
E partì la lancia in resta
A cavallo d’un caval.
La sua bella che abbracciollo
Gli dié un bacio e disse: Va’!
E poneagli ad armacollo
La fiaschetta del mistrà.
Poi, donatogli un anello
Sacro pegno di sua fe’,
Gli metteva nel fardello
Fin le pezze per i piè.
Fu alle nove di mattina
Che l’Anselmo uscìa bel, bel,
Per andare in Palestina
A conquidere l’Avel.
Né per vie ferrate andava
Come in oggi col vapor,
A quei tempi si ferrava
Non la via ma il viaggiator.
La cravatta in fer battuto
E in ottone avea il gilé,
Ei viaggiava, è ver, seduto
Ma il cavallo andava a piè.
Da quel dì non fe’ che andare,
Andar sempre, andare andar…
Quando a piè d’un casolare
Vide un lago, ed era il mar!
Sospettollo… e impensierito
Saviamente si fermò
Poi chinossi, e con un dito
A buon conto l’assaggiò.
Come fu sul bastimento,
Ben gli venne il mal di mar
Ma l’Anselmo in un momento
Mise fuori il desinar.
La città di Costantino
nello scorgerlo tremò
brandir volle il bicchierino
ma il Corano lo vietò.
Il Sultano in tal frangente
Mandò il palo ad aguzzar,
Ma l’Anselmo previdente
Fin le brache avea d’acciar.
Pipe, sciabole, tappeti,
Mezze lune, jatagan,
Odalische, minareti,
Già imballati avea il Sultan.
Quando presso ai Salamini
Sete ria incominciò,
E l’Anselmo coi più fini
Prese l’elmo, e a bere andò.
Ma nell’elmo, il crederete?
C’era in fondo un forellin
E in tre dì morì di sete
Senza accorgersi il tapin.
Passa un giorno, passa l’altro,
Mai non torna il guerrier
Perch’egli era molto scaltro
Andò in guerra col cimier.
Col cimiero sulla testa,
Ma sul fondo non guardò
E così gli avvenne questa
Che mai più non ritornò.
di Giovanni Visconti Venosta
e... DOPO LA CITAZIONE LETTERARIA, QUELLA CINEFILA
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