Credo sia uno dei racconti natalizi più scontati, sfruttati, imitati, filmati,plagiati di tutti i tempi, ma un po' di melassa ci vuole...
Un dollaro e ottantasette. Era tutto. E sessanta cents erano in monetine. Monetine messe da parte una o due alla volta, a forza di contrattare col droghiere e con l’erbivendolo e col macellaio, fino a sentirsi le gote di fuoco per la muta accusa di tirchieria che tanta insistenza implicava. Della li contò tre volte. Un dollaro e ottantasette. E l’indomani era Natale.
Decisamente non le rimaneva da far altro che lasciarsi cadere sul divanetto sdrucito e piangere. E Della lo fece. Cosa che suggerisce una riflessione morale: che la vita è fatta di singhiozzi, sospiri e sorrisi, con sospiri in maggioranza. (…)
Della aveva smesso di piangere, ora, ed accudiva alle proprie gote col piumino della cipria. Era presso la finestra e guardava un gatto grigio che camminava su un muretto grigio in un grigio cortile interno. L’indomani era Natale, e lei aveva solo un dollaro e ottantasette, per comprare un regalo a Jim. Aveva messo da parte (…) per mesi, con questo bel risultato. Con venti dollari la settimana non si va molto lontano. Le spese, come sempre, erano state maggiori di quel che lei aveva calcolato. Solo uno e ottantasette per comprare un regalo a Jim. Al suo Jim. Quante ore felici aveva speso a fantasticare su qualcosa di carino per lui! Qualcosa di bello, di raro, qualcosa di valore, qualcosa che, se non era, almeno si avvicinasse ad esser degno dell’onore di esser posseduto da Jim.
C’era uno specchio a muro tra le due finestre della camera. Forse l’avete veduto anche voi uno specchio a muro, in appartamenti da otto dollari. Una persona minuta e molto agile può farsi una idea abbastanza esatta del suo aspetto, osservando la sua immagine in una rapida sequenza di strisce longitudinali. E Della, sottile com’era, ci riusciva a meraviglia.
Improvvisamente balzò via dalla finestra e corse dinanzi allo specchio. Gli occhi le brillavano, e la sua faccia aveva perduto ogni colore nello spazio di venti secondi. Con una rapida mossa si sciolse i capelli e li lasciò cader giù quant’eran lunghi.
Perchè c’erano due oggetti del cui possesso i Dillingham Young eran tutti e due orgogliosi. Uno era l’orologio d’oro di Jim, che prima era appartenuto a suo padre e prima ancora a suo nonno. L’altro erano i capelli di Della. Se la regina di Saba avesse abitato nell’appartamento di fronte, al di là degli sfiatatoi, Della avrebbe lasciato pendere i suoi capelli ad asciugare fuori della finestra, per oscurare i gioielli e i doni di Sua Maestà. E se re Salomone fosse stato il portiere e avesse avuto tutti i suoi tesori accatastati in portineria, Jim avrebbe tirato fuori l’orologio tutte le volte che passava, per vederlo strapparsi la barba dall’invidia. I bei capelli di Della ricaddero intorno al suo corpo, ondulati e splendenti come una cascata d’acque brune. Le arrivavano giù fino alle ginocchia, e l’avvolgevano tutta, come un abito. Se li riannodò in fretta, con fare nervoso. Esitò un momento, immobile, mentre qualche lacrimuccia cadeva sul tappeto rosso consunto. Si mise la vecchia giacchetta marrone e il cappelluccio pure marrone. Poi, con uno svolazzo di gonne e una luce brillante negli occhi, volò fuori della porta giù in istrada.
Dove si fermò c’era un’insegna: “ Madame Sofronia. Ogni genere di articoli per capelli”.
Della salì di corsa un tratto di scale e si fermò, ansimando.
Madame, grossa, troppo bianca, freddolosa, non pareva proprio la Sofronia dell’insegna.
- Vuole comprare i miei capelli? – chiese Della.
- Ne compro, sì – disse Madame. – Vediamo come sono. Si levi il cappello e mi faccia dare un’occhiata. -
La bruna cascata si sciolse.
- Venti dollari – fece Madame, soppesando quella massa scura con mano esperta.
- Bene, me li dia – disse Della.
Le due ore seguenti, scusate la trita metafora, volarono su ali di rosa. Essa le occupò a mettere sossopra i negozi per il regalo di Jim.
Finalmente lo trovò. Era proprio quel che ci voleva per Jim. Non ce n’era un altro eguale in nessun negozio, ed essa li aveva rovistati tutti. Era una catenella da taschino, in platino, di foggia semplice e casta, che, come tutti gli oggetti veramente buoni, onestamente proclamava il proprio valore col solo metallo, senza bisogno di ornamenti…
Sì, era proprio quel che ci voleva per l’orologio. Appena la vide, decise che doveva essere di Jim. Proprio come lui era, di valore e per nulla appariscente; la descrizione serviva per tutti e due. Sborsò ventun dollari e si affrettò a tornare coi suoi ottantasette cents.
Con una catena simile, sì che Jim poteva impunemente preoccuparsi dell’ora, in qualsiasi compagnia si trovasse! Per quanto l’orologio fosse un gran bell’oggetto, egli talvolta doveva guardarlo di soppiatto, per via della vecchia striscia di cuoio che usava invece d’una catena.
Giunta che fu a casa, per un po’ la sua frenesia cedette il posto alla saggezza e alla ragione. Tirò fuori il ferro da ricci, accese il gas e si mise all’opera per rimediare ai guasti causati dalla generosità e dall’amore insieme.
E questa è sempre un’impresa quanto mai ardua, cari miei, un’impresa gigantesca addirittura. Nello spazio di quaranta minuti la sua testa era tutta coperta di fitti ricciolini che la facevano somigliare stranamente a uno scolaretto sbarazzino. Si guardò a lungo nello specchio, attentamente e con occhio critico.
- Se pure non mi ammazza alla prima occhiata – disse tra sè – Jim dirà certo che sembro una ballerina di Coney Island. Ma cosa potevo fare, mio Dio, cosa potevo fare con un dollaro e ottantasette ? -
Alle sette il caffè era fatto e la padella era pronta bell’e calda per cuocervi le cotolette.
Jim non faceva mai tardi. Della strinse nella mano la catena e sedette all’angolo del tavolo, vicino alla porta per cui doveva entrare Jim. Poi sentì il suo passo sulla prima rampa di scale e per un istante impallidì. Aveva l’abitudine di pregare in silenzio per le più semplici cose di tutti i giorni e sussurrò:
- Ti scongiuro, mio Dio, fa che mi trovi carina ! -
La porta si aperse. Jim entrò e la richiuse.
Appariva abbattuto e molto serio. Povero Jim! A soli ventidue anni e già con il peso d’una famiglia sulle spalle! Avrebbe avuto bisogno d’un cappotto nuovo, ed era senza guanti.
Egli rimase fermo sulla porta, immobile come un setter che fiuta la quaglia. Teneva gli occhi fissi su Della, occhi in cui c’era un’espressione che lei non riusciva a capire e che le faceva paura. Non era rabbia, nè sorpresa, non era disapprovazione e nemmeno orrore; non era nessuno dei sentimenti che lei si sarebbe aspettata. Egli la guardava, la guardava soltanto, a bocca aperta, con quella sua espressione particolare sul viso.
Della balzò su e gli si avvicinò:
- Jim, caro – esclamò. – Non guardarmi in quel modo! Me li sono fatti tagliare, sì, e li ho venduti, perchè non avrei potuto sopportare che passasse il Natale senza farti un regalo. Cresceranno di nuovo, vedrai. Non te la prendi, vero? Dovevo proprio farlo, credimi ! E poi, crescono così in fretta i miei capelli. Di’ “ Buon Natale ”, Jim, e siamo felici. Tu non sai che bel…. che bellissimo regalo ti ho comprato! -
- Ti sei tagliata i capelli? – chiese Jim con uno sforzo, come se non riuscisse ancora ad afferrare la realtà dei fatti, neppure dopo il più intenso lavorio mentale.
- Tagliati e venduti – ripetè Della – non ti piaccio lo stesso così? Son sempre io, anche senza capelli, no? -
Jim guardava in giro per la stanza con fare smarrito.
- Vuoi dire che sono andati? – chiese ancora con aria quasi da idiota.
- Non serve cercarli – disse Della. – Venduti, ti dico, venduti e andati, sì. E’ la vigilia di Natale, sai? Sii buono, sono andati per te. Forse si riusciva a contarli, i capelli della mia testa, continuò con improvvisa serietà e dolcezza, ma nessuno potrà mai calcolare il mio amore per te…. Devo cuocere le cotolette, Jim? -
Jim, uscito finalmente dalla sua estasi, sembrò svegliarsi ad un tratto; abbracciò la sua Della. Siamo discreti, guardiamo per dieci secondi qualche oggetto senza importanza, in un’altra direzione. Otto dollari la settimana o un milione all’anno, che differenza c’è? Un matematico o un bello spirito vi risponderebbero a sproposito. I Magi portarono doni di valore, sì, ma fra essi non ce n’era uno come questo. Quest’oscura asserzione sarà illuminata fra poco.
Jim tirò fuori un pacchetto dalla tasca del cappotto e lo gettò sul tavolo.
- Ti sbagli sul conto mio, Della – disse. – Non c’è taglio di capelli, nè tosatura, nè frizione che tenga. Nulla potrebbe farmi piacere di meno la mia mogliettina. Apri quel pacchetto, piuttosto, e capirai perchè mi hai visto sconcertato per un attimo, poco fa. -
Dita bianche e leggere strapparono ansiose lo spago e la carta. Un estatico grido di gioia; e subito dopo, ahimè! un rapido passaggio, tutto femminile, a una crisi di pianti e di gemiti, che richiesero l’immediato impiego di tutta l’abilità confortatrice del padrone di casa.
Perchè nel pacco c’erano dei pettini, anzi tutta la serie di pettini, per le tempie e per la nuca, che Della aveva adorato a lungo in silenzio, quand’erano esposti in una vetrina di Broadway. Erano così belli, di autentica tartaruga, e col bordo di brillantini! E poi proprio della gradazione che andava sulla bella capigliatura sparita! Ed erano cari, anche, lei lo sapeva. Non che sperasse mai di possederli, ma le era sempre andato dietro il cuore, a quei pettini. Ed ora erano suoi. Ma le trecce, che quei bramati oggetti avrebbero dovuto adornare, non c’erano più.
Se li strinse al petto, e alla fine potè alzar su gli occhi umidi, con un sorriso.
- Crescono così in fretta i miei capelli – disse. Poi balzò su come un gattino scottato ed esclamò: – Oh, oh! -
Jim non aveva ancora veduto il suo bel regalo. Aperse la mano con mossa vivace, e glielo mostrò. Il prezioso metallo appannato sembrò risplendere, per un riflesso del suo spirito pieno d’ardore e d’entusiasmo.
- Non è un amore, Jim? Tutta la città ho girato per trovarlo. Dovrai guardare l’ora cento volte al giorno, ora. Dammi l’orologio. Voglio vedere che figura fa. -
Invece di ubbidirle, Jim si lasciò cadere sul divano e sorrise mettendosi le mani dietro la testa.
- Della, disse, mettiamo da parte i nostri doni natalizi e dimentichiamoli per un attimo. Sono troppo belli per usarli, ora. Ho venduto l’orologio, per avere i denari da comprarti i pettini…. Ed ora credo sia bene mettere sul fuoco le cotolette. -
I Magi, come sapete, erano uomini saggi. Uomini straordinariamente saggi. Che portarono doni al Bambino nella mangiatoia. Furono loro ad introdurre l’uso di fare regali natalizi. E dato che erano saggi, i loro doni erano senza dubbio pari alla loro saggezza, e forse avevano anche il privilegio di potersi cambiare in caso di doppioni. Vi ho dunque fatto alla meglio la semplice cronaca di una coppia di scervellati, che con suprema insensatezza sacrificarono l’uno all’altro i grandi tesori che possedevano.
Ma un’ultima parola voglio che sia detta ai “ saggi ” del giorno d’oggi, e cioè che di tutti coloro che fanno regali, questi due sono stati i più saggi. Di tutti coloro che fanno regali e che li ricevono, quelli che fanno come questi sono i più saggi. Sono i più saggi di tutti, dovunque siano. Essi sono davvero i Magi.
(Da: Quattro milioni, trad. Mario Musso, Frassinelli Torino 1962)
Mi dispiace, non ho proprio avuto il tempo di tradurre questo racconto, quindi ho preso una versione dal web, qui:
http://valterbinaghi.wordpress.com
3 commenti:
Piangio...
Ma che bello!!!!!!!
Bella.......
Posta un commento