domenica 6 marzo 2011

Luca e Paolo Senza Contratto per Evitare Censure

Luca Bizzarri svela l'accordo firmato con la tv pubblica per il Festival di Sanremo e racconta la satira ai tempi di Berlusconi. E su Masi in platea dice: "Rosicava da pazzi, ma rideva alle battute perché aveva paura che lo inquadrassero" Basta giurare che l’intervista non assomiglierà a quella Canalis-De Niro. Sollievo. Sospiro. 




Partiamo dal paraculismo. Accusa fondata?
Essere paraculi vuol dire cercare di acquistare i favori di qualcuno. Non ne abbiamo bisogno. Non dobbiamo convincere nessuno: abbiamo un contratto di sei anni con Mediaset.


Ecco, dicono anche: sputano nel piatto in cui mangiano
La risposta gliela diamo mercoledì sera, dallo studio delle Iene. Ci hanno chiamato in tanti da Mediaset per dirci “bravi”, non credo si sentano “sputati”.

Alla fine di “Ti sputtanerò”, la sera del debutto, hai fatto roteare il microfono in aria. Poi guardando in camera, un gran sorriso: “ce l’abbiamo fatta” o “ve l’abbiamo fatta”?
Entrambe. Avevo capito che faceva ridere, il pubblico applaudiva calorosamente. Molta gente che lavora con noi ci aveva sconsigliato: “Non andate”. Potevamo scegliere una strada più serena.

Invece ne se siete usciti vivi. E anche di più.
La prima tv veramente nazional-popolare che abbiamo fatto è stata Sanremo: siamo partiti dal gradino più alto. Io ho pensato solo al Festival per sei mesi. Mi rendo conto che ci sono altri problemi nella vita, ma per uno che fa il mio mestiere non è dato sbagliare all’Ariston. Potevamo bruciarci. Ho perso 5 chili. Ho pianto 10 ore, dopo.

Che differenza c’è tra la Rai in mano alla politica e Mediaset in mano al padrone della politica?
L’abbiamo detto dal palco la prima sera. A Mediaset c’è un editore che ha delle esigenze, contro cui combatti in maniera diretta. In Rai ci sono mille persone fra te e l’editore. Poi per fortuna ci sono i Mazza.

Il Giornale ti ha dato uno in pagella per il bacio a Morandi. Il bacio di Giuda. Si saranno offesi per la citazione in “Ti sputtanerò”?
Ma no…Era ironico il loro uno come il mio bacio.

La Rai vi ha censurato qualcosa?
Mai, però di un pezzo ci è stato detto: “questo non lo potrete mai fare”.

Quale?
Saviano. Nel nostro team c’era chi aveva dubbi.

Perché?
Bisognerebbe chiederlo a chi non fa l’imitazione di Saviano. Lui è un personaggio molto positivo, ma a me fanno paura le beatificazioni, soprattutto in questo Paese che in un attimo ti santifica e un secondo dopo ti crocifigge. E poi essere presi in giro fa bene.

Beppe Caschetto, il vostro manager, ha definito “faticoso” l’accordo con la Rai.
Il punto di frizione riguarda l’approvazione dei testi.

Siete andati all’Ariston senza contratto?
Diciamo che il nostro agente ha trovato una soluzione transitoria per andare in onda garantendoci autonomia editoriale.

È vero che il centone della prima sera s’intitolava “Ti processerò”?
No, è stata cambiata solo l’ultima strofa. Prima finiva così: “Ti sputtanerò e continuerò, tanto il mio paese si è sputtanato già”. Al mattino abbiamo letto i giornali e abbiamo aggiunto la frase sul 6 aprile. Mentre cantavamo i centoni di Morandi, dietro il palco c’era Martino, uno dei nostri autori, con il testo. E Gianni sbirciava per controllare che non sbagliassimo la metrica.

Avete fatto un pezzo sul qualunquismo. Peggio quello o lo sdegno democratico?
C’erano tutte e due le cose. Qualcuno ha scritto che abbiamo assolto Berlusconi. Ovviamente non è così. Era un dialogo da bar.

Possibile che non ci si possa liberare dei riti della politica incartapecorita? Voto alle facce della prima fila, con i dirigenti e mezzo cda Rai.
Il più alto a Masi, rosicava da pazzi ma rideva perché aveva paura che lo inquadrassero.

Il consigliere Verro ha detto che la direzione artistica non era “in linea con i valori del servizio pubblico”.Quali sono i valori del servizio pubblico?
La domanda andrebbe girata a Verro. Ma credo parli a nuora perché suocera intenda.

Ancora Verro: “un umorismo che divide”.
Sono sciocchezze. Se qualcuno si fa dividere da Luca e Paolo stiamo a posto. Mi pare che abbia diviso più Verro. Sabato sera un consigliere Rai, che stava vicino a Verro, uno di una certa età, è venuto a farmi i complimenti.Mi è sembrata una bella cosa.

La questione satira a Sanremo, assicura Masi, sarà portata in Cda già giovedì: nemmeno i super ascolti bastano?
Ci si occupa di tutto tranne che del Festival. Si usa il festival per parlar d’altro. Sanremo è una trasmissione televisiva di canzoni che fanno una gara.

Gramsci sul primo canale: eversivo?
Per niente.

Garimberti ha detto che quando è apparsa l’immagine del fondatore dell’Unità a qualcuno è venuto lo sturbo. Visto qualcosa dal palco?
Non mi pare. Però prima che apparisse in grafica l’autore del testo, vedevo grandi segni d’assenso. Forse non hanno letto abbastanza Gramsci.

Era un atto d’accusa contro l’indifferenza degli italiani?
Certo: c’è molta preoccupazione, più che giustificata, per il momento difficilissimo che il Paese sta attraversando.

Quando avete saputo che Benigni avrebbe partecipato, avete detto: “Non faremo un pezzo comico. Sarebbe come fare un film porno dopo Rocco Siffredi. Non vorremmo che le nostre misure fossero paragonate a quelle di un grande maestro”.
Il monologo di Benigni mi ha stupito, perché prima guardavo alla serata dell’Unità in maniera diversa. Dopo, mi è sembrata molto più importante. È stato bravissimo: ha convinto me, uno che pensava fosse una pomposa vaccata. E con me, immagino, moltissimi altri.

Credo che vivere voglia dire essere partigiani”, Antonio Gramsci. E tu?
Io direi anche “Libertà è partecipazione”. Conosco meglio Gaber di Gramsci.

Ti sei sottratto soprattutto all’idea di essere etichettato politicamente. Anarchico va bene?
No. Perché anche quella è una categoria. Ho delle idee, non le nascondo. Poi il filtro della comicità le fa venir fuori. Facendo ridere le persone di se stesse, non di Berlusconi. Io sono solo un cittadino che crede nelle istituzioni. Per questo vado a votare.

Dal palco, la sera dei 150 anni, avete fatto un appello alla responsabilità civile. Convinci uno che al seggio non ci va.
Sono vent’anni che cerco di convincere mio fratello a votare e non ci riesco. Temo di non essere molto bravo. Ma a me sembra così giusto, così bello, votare. Io sono diffidente verso le manifestazioni di piazza, hanno veramente significato solo nei regimi. L’Italia non è l’Egitto o la Libia. E poi, dal ’94 a oggi, le manifestazioni contro Berlusconi non sono servite a nulla. Il voto invece sì, eccome, se serve.

da Il Fatto quotidiano del 22 febbraio 2011 

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